Citroën Dyane Cinquant’anni di un’icona

La Dyane compie cinquant’anni: uno dei simboli degli anni Settanta venne infatti presentato il 28 agosto 1967. Doveva essere una sorta di accanimento terapeutico sulla 2CV, che allora aveva quasi vent’anni, e il cui telaio a piattaforma venne rivestito da una carrozzeria un po’ più moderna, disegnata dagli stilisti della Panhard, il più antico marchio automobilistico francese da poco passato nell’orbita di Citroën, il quale giusto nel 1967 l’assorbì definitivamente. Pur ammodernata, conservava tuttavia le proporzioni (alta e stretta) e, soprattutto, i parafanghi esterni della progenitrice.


Ci piaceva tanto. Come sono andate le cose lo sappiamo: alla Dyane, che pure ha vissuto a lungo (16 anni, fino al 1983) la 2CV è sopravvissuta sino all’alba degli anni ’90. Qui da noi in Italia, dove la 2CV, sino alla fine degli anni ’60, era sostanzialmente sconosciuta, la Dyane conobbe in realtà un successo persino superiore che in patria, favorita dalla sua aria sbarazzina, dall’eccellente rapporto tra prezzo (poco superiore a quello di una Fiat 126) e volumetria, dai ridotti costi di gestione e da un’indovinatissima campagna pubblicitaria, quella della “Auto in jeans”, creata dall’agenzia milanese B Communications di Titti Fabiani. Non è un caso che l’ultima del milione e 440mila Dyane costruite, con il numero di telaio 84CB5394, sia stata destinata proprio al nostro mercato.

Guarda come dondolo. Alzi la mano chi non ha posseduto una Dyane, o viaggiato in gioventù su quella di un amico. Simpatica, versatile grazie al suo tettuccio in tela arrotolabile, la Dyane scuoteva l’equipaggio come uno shaker e aveva un coricamento laterale vistosissimo: in curva dondolava tantissimo eppure aveva una tenuta di strada straordinaria, grazie alla trazione anteriore (grande classico della marca sin dal 1934), al baricentro basso per via del motore boxer e alla corretta distribuzione delle masse. I freni erano entrobordo, cioè all’uscita del differenziale: c’era da dannarsi l’anima a cambiare le pastiglie (sulle ultime, quelle coi freni a disco, prima montava quattro tamburi) però la decelerazione era più efficace.