Veicoli connessi e autonomi mandano in tilt consumatori

fonte articolo e foto – ansa.it – redazione musica.

Confusione tra i giovani, In Italia c’è poca omogeneità.

Auto connessa e veicolo autonomo, quasi la metà dei consumatori europei non comprende il significato e le differenze di queste due definizioni e il dato più sorprendente è che sono soprattutto i giovani a non avere le idee chiare in proposito.

Tra i Paesi dell’Unione, l’Italia è tra quelli in cui c’è più chiarezza sulla prima e più confusione sulla seconda.

Questi risultati sorprendenti emergono da una ricerca fatta commissionare in 14 Paesi europei da Avis Budget Group, multinazionale specializzata nel noleggio dei veicoli e nella fornitura di servizi per la mobilità. “I più giovani – sottolinea il commento allo studio che ha interessato un campione di 14.137 persone – hanno meno probabilità di comprendere la definizione di veicolo autonomo, pur essendo i più probabili utilizzatori. Germania, Francia e Italia hanno maggior consapevolezza, mentre Norvegia, Danimarca e Regno Unito sono meno informati sul significato dei due termini”.

Nel sondaggio, effettuato nel luglio di quest’anno da Sapio Research tramite Internet, con un minimo di 1000 intervistati per stato (Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Polonia, Austria, Svizzera, Norvegia, Danimarca e Svezia), è stato chiesto di scegliere quale fra varie definizioni proposte fosse quella corretta per auto connessa. Solo il 54% degli interpellati ha indicato “connessa a Internet in grado di comunicare con altri dispositivi”, il 17% non ha saputo rispondere o, addirittura non ha capito il termine, il 13% ha pensato che fosse riferito alla ricarica dei mezzi elettrici, il 7% ha scelto “fisicamente collegata a un’altra”. Per quello che riguarda il termine veicoli autonomi i risultati su scala europea sono stati: 56% per la formula corretta “auto che si guida da sola”, il 17% ha pensato si trattasse di macchina guidata da robot (in Italia tale valore scende al 13%) e il 7% ha scelto la definizione “auto da parcheggiare nel proprio posto auto o lontano dal traffico”. Tra le risposte correlate, Il 60% ha detto che non si sentirebbe al sicuro se tutte le vetture in circolazione fossero autonome (in Italia il 55%), l’86% pensa che per utilizzarle si dovrebbe essere sobri, l’87% che si dovrebbe avere l’età legale per poter guidare, stessa percentuale che si dovrebbe possedere una patente di guida.

A sorpresa, appunto, sono stati i giovani a fornire il maggior numero di risposte errate: “la più bassa comprensione della definizione – sottolinea la nota di Avis Budget Group – è risultata nella fascia di età compresa tra i 18 e i 23 anni (47%) e tra i 24 e i 36 anni (51%), rispetto al 67% di quelli di età superiore ai 66 anni, nonostante siano i più giovani ad avere maggiori probabilità di scegliere un’auto autonoma rispetto a quella che possiedono attualmente. La più alta propensione a preferire un veicolo autonomo è stata individuata tra persone di età compresa tra i 24 e i 36 anni (49%) e tra i 18 e i 23 anni (47%), rispetto al 26% di persone di età superiore ai 66 anni”. In questo quadro sconsolante, gli italiani mostrano di avere le idee molto più chiare della maggior parte degli europei per quello che riguarda il termine auto connessa mentre, a dispetto della semplicità della definizione, appaiono in grande confusione per quello che riguarda i veicoli autonomi. “Gli intervistati in Francia – si legge nel report – hanno avuto la più alta comprensione della definizione corretta di auto connessa (72%), seguiti dagli italiani (71%) e dai portoghesi (68%). Al contrario, la Norvegia ha registrato la più bassa comprensione con il 35%, leggermente dietro la Danimarca (37%) e il Regno Unito (37%). Sulla corretta definizione di veicolo autonomo, la Germania è in cima alla classifica con il 69%, seguita dall’Austria (68%) e dalla Svizzera (68%). Gli italiani hanno registrato la più bassa comprensione (solo il 46%), una percentuale leggermente inferiore a quella dei Paesi Bassi (48%) e di poco superiore a quella della Norvegia (44%)”.