BMW Serie 7, l’auto delle prime volte

Non è solo la più grande e lussuosa di tutte le BMW, ma il laboratorio tecnologico della Casa

Per i pochi che non lo sapessero, il numero 7 (Serie 7, ovviamente) in Casa BMW indica l’ammiraglia, la berlina più grande, più prestigiosa e lussuosa della gamma. Per capirci, si tratta del modello che se la vede con Audi A8 (della cui storia si è parlato proprio qui poco tempo fa) e Mercedes Classe S, ma anche con Jaguar XJ, Lexus LS e Maserati Quattroporte. Macchine progettate sì con lo scopo di vendere e di fare utili, ma anche con quello, duplice, di far vedere ciò di cui è capace il marchio di appartenenza e, allo stesso tempo, per sperimentare su strada le innovazioni tecnologiche. Certo, prima di essere deliberato e messo in commercio, ogni dettaglio di ogni modello viene provato a fondo, ma i migliori collaudatori restano sempre e comunque i clienti, che danno la misura di quanto una determinata soluzione sia azzeccata, da rivedere o da mettere da parte. In questo senso la Serie 7 è calata perfettamente nella parte, fin dal lontano 1977, quando per la prima volta il Costruttore bavarese si inserisce nel segmento delle berline grandi.


La prima, solo a 6 cilindri

I 6 cilindri in linea sono il vero marchio di fabbrica di BMW, un’architettura che regala equilibrio e fluidità di funzionamento praticamente perfetti, in modo naturale, senza cioè bisogno di ricorrere a contralberi o ad altro di “posticcio”. Da questo punto di vista il 6 in linea è anche meglio anche di un V8, tanto per intenderci. Solo il V12, che semplificando è un “doppio 6 in linea”, ha una pastosità superiore. La prima Serie 7, non a caso, offre solo motori a 6 cilindri in linea; nel dettaglio, al momento del lancio nel 1977, sono tre le possibilità di scelta: 2.8 da 170 CV per la 728, 3.0 da 184 CV per la 730 e 3.2 da 197 CV per la 733. Il ruolo di innovatrice, la prima Serie 7 – nome in codice E23 – lo interpreta portando al debutto, per BMW, l’ABS; è il 1979. Di quell’anno anche un nuovo spoiler anteriore, qualche ritocco alla plancia e una rivisitazione dei motori: viene introdotta infatti la 735 (3.5 da 218 CV) al posto della 730, la 728 diventa ad iniezione e la 733 viene ribattezzata 732. Nel 1980 la potenza cresce fino a 252 CV, grazie al turbo applicato al 3.2: ecco la 745. Detto dell’ABS, altre “prime” della E23 sono il computer di bordo, l’indicatore degli intervalli di manutenzione, il pannello di controllo per tenere sott’occhio tutti i parametri della macchina e il climatizzatore automatico.

E’ il momento del V12

Se la prima introduce qualche novità, la seconda si spinge decisamente più in là: è qui che debuttano – in BMW – il primo V12 e il primo V8, ma anche gli ammortizzatori a controllo elettronico, il protocollo CAN bus per il trasferimento dei dati, i fari allo xeno, il controllo di trazione e il climatizzatore bizona. Non è tutto, perché questa è la prima BMW a essere offerta anche in configurazione a passo lungo e la prima ad aderire all’accordo per cui la velocità massima è autolimitata a 250 km/h. I motori? Nel 1986, quando la macchina viene lanciata, si può scegliere tra due sei cilindri in linea: un 3.0 da 187 CV (per la 730) e un 3.4 da 218 CV (735). Il bello arriva però nel 1987 con la 750, mossa da un 5.0 V12 da 299 CV. Proprio con questo motore, la Serie 7 è disponibile anche a passo lungo: 11 cm in più che vanno a beneficio soprattutto delle gambe di chi siede dietro. Il passo lungo viene esteso, nel 1988, alla 735iL, mentre nel 1992 viene apportato un leggero restyling.

Il gasolio viene ammesso nel club

La terza generazione, come la seconda, introduce tantissime novità, ma una è segno dei tempi più delle altre: il motore a gasolio, che arriva nel 1996, due anni dopo il lancio del modello. Il carburante poco nobile arriva sotto il cofano della più aristocratica delle BMW. Non un motore a caso, ovviamente, ma un 6 cilindri in linea 2.5 turbo da 143 CV (725 tds). Per quanto fluido e potente, almeno per l’epoca, si basa su una tecnologia che ha i mesi contati: l’iniezione indiretta. Nel 1998 è il turno infatti della 730d: 3.0 turbodiesel, sei cilindri in linea a iniezione diretta, 184 CV. Non contenti, in BMW le affiancano, sempre nel 1998, la 740d: V8 turbodiesel 4.0 a iniezione diretta da 245 CV. Quanto alle “chicche”, sedili massaggianti, navigatore satellitare, TV e bagagliaio a chiusura elettrica.

2001, la rivoluzione

Chris Bangle. Basta nominarlo per dividere, anzi spaccare letteralmente in due gli appassionati del marchio. Bangle, per chi non lo sapesse, è il designer californiano che tra gli anni Novanta e i primi del Duemila stravolge le linee della Casa e, proprio con la Serie 7, fa il passo più azzardato: massiccia, con un posteriore a dir poco “strano” e con la plancia non più orientata verso il guidatore (oltre che con la leva del cambio dietro al piantone: altro affronto verso gli appassionati), questa è la macchina probabilmente più discussa della storia di BMW. Non solo per il design, peraltro, ma anche per soluzioni come l’iDrive, la manopola per comandare il sistema di infotainment, che nella sua prima edizione è poco intuitivo. Disponibile anche a passo lungo, ha motori da 3 a 6 litri, da 218 a 445 CV. Tornando alla tecnologia, col restyling del 2005 arriva il night vision, che facilita l’individuazione degli ostacoli al buio.

Il ritorno alla normalità

Per normalità si intende stilistica, perché, pur se attualizzata, la Serie 7 di quinta generazione riprende il filone delle Serie 7 dalla I alla III. Tra gli elementi di spicco ci sono le ruote posteriori sterzanti, la versione ibirda ActiveHybrid7, la trazione integrale, il primo V12 turbo e il cambio automatico a 8 rapporti. Introdotta nel 2008, viene sostituita dalla generazione attuale nel 2015.

fonte articolo e foto – omniauto.it – adriano tosi